Annunciaziò, annunciaziò: la Reggia di Portici

Accogliente e poetico, con la sua barriera di scogli ed il panorama mozzafiato sul golfo di Napoli, “abbasc o’ Ranatiell” è il lungomare del molo borbonico della città Portici. Il Granatello, così chiamato perché qui sorgeva una piantagione di “malum granatum”, che non è un’intolleranza alimentare ma che dal latino vuol dire melagrana, ospita fasciato da impalcature e transenne il fantasma di Villa d’Elboeuf. Eppure pare che un tempo questa villa, oggi purtroppo in decadenza, rovina ed abbandono fosse la più bella tra tutte quelle vesuviane tant’è che Carlo di Borbone e sua moglie dovendosi rifugiare a causa di una tempesta in questa residenza, rimasero così affascinati dalla spettacolarità del luogo da sceglierlo come sede per le vacanze e ancor prima di far costruire la Reggia di Caserta, commissionarono ad un team di esperti neanche Extreme makeover home edition di Real time, il Real Sito di Portici. Chiamali scemi questi sovrani costretti a svegliarsi con o’ Vesuvio aret, o’ sole ‘nfronte e o’ mar nnanz. Il palazzo reale di Portici, annunciaziò annunciaziò, da ottobre 2017 ha aperto i suoi cancelli a tutti e può essere visitato tutti i giorni ed in piena autonomia senza dover prenotare una visita guidata ed aspettare che si raggiunga il numero come succedeva in passato. Il biglietto (5 euro) include anche la visita ad una sezione dell’orto botanico curato dalla facoltà di Agraria della Federico II. E qui, un bel buzz in stile Italia’s got talent ci starebbe bene perché  qualche sforzo in più potrebbe e dovrebbe andare fatto, soprattutto per il giardino segreto dove i sovrani amavano passeggiare. Perché se mi parli di giardino segreto, io mi immagino una cosa tipo il cartone di Italia uno “Mary ed il giardino dei misteri” mentre ti ritrovi solo un secolare albero di canfora, meraviglioso per carità, e qualche cactus. Accanto all’orto sono state sistemate delle macchine agricole antiche mentre la visita alla reggia inizia con lo scalone che presenta una soffittatura in 3D che regala un meraviglioso effetto ottico. La prima sala è quella delle guardie, seguono diverse anticamere fino ad arrivare alla stanza della coppa dove l’assaggiatore di corte ingoiava il primo boccone mentre pregava. Seguono diverse camere fino a quella dell’Aja maggiore, una sorta di Mary Poppins di corte; la stanza è interessante soprattutto per le travi in legno del soffitto rivestite sul modello Gattinoni collezione Planetarium. Dura la vita di un’Aja di corte costretta a dormire in una camera ricca di decorazioni che dava su una loggetta privata con vista golfo. La reggia fu costruita su alcune proprietà già presenti ed in parte espropriate e poiché non riuscì ad ospitare l’intera corte reale, considerando che non era grandissima, una sorta di monolocale se paragonata a quella di Caserta, nacque l’esigenza di costruire altre case, ovvero le ville vesuviane. Durante la rivoluzione napoletana, quando i rivoluzionari insorsero per proclamare la Repubblica contro la Monarchia, i nobili napoletani scapparono a Palermo e con loro tutte le richezze del palazzo. Solo con Gioacchino Murat la residenza fu nuovamente arredata. Degne di nota sono anche la camera del cembalo, dove, evviva la fantasia, la regina suonava l’omonimo strumento, quella di re Carlo e quella delle udienze. Il progetto di restauro che la città di Napoli, l’Università Federico II e la Soprintendenza ai beni culturali stanno portando avanti ha lo scopo di riportare il palazzo all’antico splendore e di rendere l’antica residenza un polo artistico e culturale in grado di attirare visitatori ma la strada è ancora lunga; il bosco inferiore che scende verso il mare è infatti chiuso sebbene un cartello indichi il contrario ed il museo Herculanense, inaugurato già da Carlo di Borbone, l’anima tecnologica e archeologica del real sito dovrebbe essere un pò più tecnologicamente archeologico oppure archeologicamente tecnologico. Però un ottimista ha detto che nell’oggi cammina già il domani…

Lascia un commento