Ca va sans dire: l’ Olympia

L’ Olympia,  con l’ accento sulla a, come Carla dopo il matrimonio con Sarkozy, è la tela più famosa e scandalosa di Manet che si pronuncia senza t perché in francese le consonanti D P S T X Z  e G quando si trovano in final di parola sono mute.

Per memorizzare la regola basta ricordarsi che c’è PoSTX Zia GiaDa e dite a Zia Giada che sicuro sono bollette ed almeno una cartella di Equitalia che tra un pò dovrà riscuotere i tributi  pure sulla foto profilo di Whatssap perché lo Stato sta pensando al canone sul selfie con pagamento in bolletta.

La tendenza oggi è quella di inserire qua e là durante la conversazione qualche termine straniero, che quando si tratta del francese, tutti poliglotti fin quando al buffet ci sono croissant, baguette ed omelette ma se il cameriere ti serve un piquè una donna minimo si aspetta il fighissimo difensore del Barcellona, mica il filetto lardellato.

Ed una volta che ti sei giocato i Je ne sais pas, i je ne sais plus e i je suis perdu di Manu Chao direi che les jeux sont faits, rien ne va plus e tutti smettono di parlare la lingua di Ratatouille. Che poi, en passant, dovessi trovare un topo nella mia cucina uh la là, si attiverebbe immediatamente in me  la modalità Gordon Ramsey  nelle peggiori puntate di Cucine da incubo.

Per non parlare poi della fatidica questione del tete-a-tete; perché li conosciamo gli uomini, loro ad un incontro dove si nominano delle tette minimo si aspettano una quarta coppa C e bonjour finesse quando scoprono con grande delusione che il reggiseno è  imbottito e la T una.

E poi tutti a sbagliare pronuncia; stage con l’ accento come lo usano a Piccadilly Circus o a Portobello Road per esempio, vuol dire palcoscenico; per indicare il tirocinio la parola va accentata diversamente, come farebbe Vincent Cassel, l’ ex della Bellucci, in Ocean’ s thirtheen. E a tal proposito due cose mi rifiuterò sempre e categoricamente di capire: perchè tutto assieme si scrive separato mentre separato si scrive tutto assieme e come ha fatto Monica a lasciare uno così.

La signorina della tela è invece una putain che si pronuncia esattamente putain e che vuol dire esattamente putain ma l’ accento francese dona alla cosa un senso più raffinato, aristocratico e bohemien.

Il quadro, conservato al Museo d’Orsay a Parigi, si ispira alla Venere di Urbino di Tiziano ma la corporatura è tozza e non ha nulla a che vedere con la delicatezza delle veneri del passato. All’ epoca, siamo nella seconda metà dell’ Ottocento, quando fu esposto destò un grande scandalo perché rappresenta una prostituta nuda distesa su un letto, cioè sul luogo di lavoro. Il fermaglio, la collanina nera e l’ espressione di sfida non lasciano spazio ad alcun dubbio; è una proprio prostituta di alto borgo ripresa nella sua routine quotidiana con un gatto a farle compagnia ed una domestica a porgerle dei fiori di qualche cliente.

Scandali a parte, mi piace vedere al di là di ogni cosa, una donna curvy perfettamente a la page con la sua sensualità, la sua genuina abbondanza e la sua sessualità, senza nemmeno usare Photoshop oppure i filtri di Instagram.

Ca va sans dire!

Lascia un commento