Munasterio ‘e Santa Chiara…

Munasterio ‘e Santa Chiara… Lo si può intonare, fischiettare o suonare con qualsiasi stumento ma sempre e comunque farà eco a questo verso quell’intenso “tengo ‘o core scuro scuro” perchè nel paese d’ ‘o sole e d’ ‘o mare, la melodia  legata a Santa Chiara è conosciuta da tutti come il pasito pasito suave suavecito di turno. Siamo alla fine del secondo conflitto mondiale ed un emigrante, sulle note di Munasterio ‘e Santa Chiara, dà voce al suo desiderio di tornare a Napoli “pecchè ogni sera penza a Napule comm’era”. Ha la smania di tornare e tuttavia la paura di ritrovare una città distrutta dalla guerra ed il monastero di Santa Chiara, devastato dai bombardamenti, diventa il simbolo dell’angoscia e della desolazione lasciate dalle bombe, una distruzione che va ben oltre le strade, i monumenti ed i palazzi ma che arriva soprattutto ai costumi dei napoletani e al loro core, tutta ‘a ricchezza ‘e Napule. L’antico complesso di Santa Chiara sorge nel centro storico e nacque per volere di Roberto d’Angiò e di sua moglie; qualcuno racconta che la regina, con questo complesso, volesse rendere omaggio al suo desiderio represso di vita monastica qualcun’altro invece racconta che Sancia vedesse nel convento delle clarisse un rifugio sicuro nel caso fosse diventata vedova. Il progetto originario prevedeva un convento femminile perché ai tempi “quanta femmene sincere, si perdévano ll’ammore se spusavano a Gesù” ed un convento per i frati francescani. Ed è proprio la comunità dei frati francescani che attualmente si occupa della basilica, del chiostro e del giardino. La chiesa, in stile gotico, è il sogno proibito di moltissimi sposi napoletani che aspettano tempi lunghissimi pur di sugellare la loro uninione in una location essenziale e spoglia ma suggestiva e romantica. Il chiostro con gli affreschi del settecento e le maioliche policrome, le riggiole come si chiamano da queste parti, dipinte con un gioco di prospettive e colori si armonizza perfettamente con le sfumature della natura circostante. Sulla destra immediatamente dopo l’ingresso c’è un presepe con la natività immersa nelle botteghe della Napoli settecentesca mentre il museo dell’Opera di Santa Chiara ospita le rovine di uno stabilimento termale romano. Quel bombardamento durato un’ora e venticinque minuti cambiò completamente il volto di Napoli; quattrocento fortezze volanti angloamericane sottoposero Napoli ad una devastazione. Morirono settecento persone mentre gli aerei mitragliavano la gente in fuga verso i ricoveri. Eppure sui tetti  erano dipinti, come da accordi internazionali, grandi triangoli bianchi e neri inseriti in quadrati gialli che avrebbero dovuto garantire l’immunità della città. Dice che c’è rimasto sulo ‘o mare, eppure, che è ‘o stesso ‘e primma…chillu mare blu.

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